Il “Ritratto di Medea”, (ennesima) speculazione o verità su Amedeo Modigliani?
Il tentativo di mettere all’incanto il piccolo dipinto attribuito a un Modì adolescente ha riportato l’attenzione sull’autenticità di un’opera di cui forse si è discusso troppo poco
Alcuni nomi famosi della storia dell’arte, già ammantati di mistero e fascino, periodicamente, volenti o nolenti tornano alla ribalta della cronaca. È il caso della Gioconda: quattordici presunti discendenti diretti di Leonardo, attraverso l’International Restitutions, hanno intentato una causa contro la Francia per farsi restituire il dipinto. Il Consiglio di Stato francese, lo scorso 14 maggio, ha respinto il ricorso, infliggendo all’associazione una multa di 3.000 euro per lite temeraria, ma la notizia è rimbalzata su testate giornalistiche, web e social per giorni. È anche il caso di Amedeo Modigliani la cui produzione, vera, attribuita o del tutto falsificata, ciclicamente occupa le colonne dei quotidiani, gli scaffali delle librerie, e talvolta arriva in discussione in Parlamento o nelle aule di tribunale. L’ultimo rebus, in ordine di tempo, che riguarda Modì incrocia gli affari e le trasferte sarde del padre Flaminio, il legame con la famiglia Taci, presso cui i Modigliani avrebbero alloggiato a Iglesias, prima e dopo il fallimento delle loro aziende, un presunto ritratto giovanile e l’ostinazione di Gabriella Meloni, discendente e proprietaria del piccolo dipinto. Dell’effigie di Norma Medea Taci, meglio conosciuta come Ritratto di Medea, si sa e si scrive un po’ in sordina da quasi una ventina d’anni. Solo di recente, con l’avvicinarsi della vendita all’incanto del quadro presso la fiorentina Galleria Panati Casa d’Aste, si sono riaccesi i riflettori sulla formazione e la produzione adolescenziale del pittore. Amedeo ha soggiornato a Iglesias? Ha conosciuto Norma Medea? Probabilmente no. Le stesse ricerche condotte da Meloni, poi confluite in Modigliani a Iglesias fra storia, economia e arte, un volume pubblicato da Carlo Delfino editore nel 2020, oggi introvabile e in ristampa, non conducono alla certezza probatoria. Il giovane Dedo, secondo la tesi meloniana sostenuta anche dal critico d’arte torinese Christian Parisot, avrebbe realizzato il ritratto intorno al 1900, riprendendo i lineamenti della Taci defunta di tifo nel 1898, e lo avrebbe regalato alla famiglia. Per diverso tempo la piccola tela è stata appesa su una parete dell’albergo Leon d’Oro di proprietà dei Taci, fino alla chiusura e all’abbandono dell’attività. Attraversate le generazioni per asse ereditario, il quadro è arrivato a Gabriella Meloni che ha dedicato buona parte della vita a scavare e a collezionare pubblicazioni e documenti che potessero avvallare la sua ricostruzione e l’attribuzione del ritratto alla mano del giovane Modì. L’opera è rimasta ignota fino al 2005, quando è stata esposta per la prima volta in occasione della mostra Modigliani a Venezia, tra Livorno e Parigi (maggio-luglio 2005) alla Biblioteca Nazionale Marciana. Dopo il passaggio in Laguna, il ritratto è subito rientrato a Cagliari per essere ammirato al Castello di San Michele (luglio-settembre 2005) e poi spedito a Domodossola (ottobre-dicembre 2005). Alcuni anni dopo è riapparso a Bonn (aprile-luglio 2009) e a Catania (dicembre-febbraio 2011).
“Una biografia completa e documentata di Modigliani non esiste e non esisterà mai” (p. 8), scrive Jeanne Modigliani, storica dell’arte e figlia di Dedo, in Modigliani senza leggenda (Vallecchi, 1958). Nel saggio non vi è alcuna traccia dei trascorsi adolescenziali sardi e appena un cenno agli affari commerciali della famiglia e alla relazione con il padre, perno invece di tutta la versione di Meloni: “Durante i primi anni del matrimonio, fino al fallimento del 1884, Flaminio viveva più in Sardegna che a Livorno, presso la moglie. L’influenza diretta di Flaminio sulla famiglia e quindi su Dedo fu minima ed esclusivamente negativa” (pp. 17-18). Tuttavia, “l’ignoranza, voluta o no, della formazione italiana di Modigliani lascia adito a tutte le fantasie” (p. 35), compresa quella del Ritratto di Medea. “Le ricerche per rintracciare, con certezza, disegni e quadri di quel periodo (primi anni del Novecento, ndr), sono state finora vane. Sembra comunque probabile che queste opere giovanili sono state perse per incuria dei proprietari, e indifferenza degli storiografi” (p. 41). La famiglia Modigliani – sempre secondo la figlia Jeanne – non ha conservato nulla e nemmeno era al corrente dell’operato giovanile di Dedo. “Comunque quasi tutti gli studiosi e critici affermano: «Ѐ dal 1908 che datano i primi dipinti, ancora segnati da influenze, che possediamo di Modigliani, poiché le opere anteriori realizzate in Italia furono distrutte di sua volontà» […]. Questa affermazione se da un lato ha scoraggiato la ricerca di lavori perduti e non sempre distrutti, dall’altro ha rafforzato il mito di Modigliani nato all’arte a Parigi grazie all’azione dell’alcool, degli stupefacenti e – perché no? – della miseria” (p. 42). Le parole di Jeanne Modigliani sembrano non escludere categoricamente l’esistenza di una qualche opera giovanile sconosciuta, dimenticata e sopravvissuta alla distruzione e alla distrazione, e nelle stesse pagine di Modigliani senza leggenda rintracciamo un appiglio sul quale la storia sarda potrebbe poggiarsi: “Tutti sanno – ed i falsari non sono certo i soli a ignorarlo – che Modigliani preferiva la scultura diretta. D’altra parte il traffico dei falsi ha le sue regole e nessuno tenta di spacciare un’opera atipica: ho visto spesso illustri mercanti preferire un dubbio Modigliani dell’ultima maniera a quadri di provenienza sicura ma appartenenti alla fase cézanniana” (p. 59). Di certo non possiamo dire che Ritratto di Medea rientri nella cifra del Modigliani maturo, con “l’impostazione obliqua dei volti sui colli cilindrici, la sintesi del manierismo decorativo e della densità scultorea e, soprattutto, l’utilizzazione della linea, non come sovrapposizione grafica, ma come mezzo di composizione volumetrica e come mezzo di contenere le masse, accentuandone quasi la pesantezza” (p. 37), per il quale è asceso all’Olimpo dell’arte. Anzi, potrebbe ricadere in quella atipicità scartata dai falsari.
A rafforzare le convinzioni di Meloni ci ha pensato l’allora Ministero per i Beni e le Attività Culturali che, per mezzo del direttore regionale della Sardegna, ha posto il vincolo n. 147, firmando il 24 novembre 2010 la dichiarazione d’interesse culturale storico artistico (per il catalogo Panati l’opera è stata notificata il 4 agosto 2010 con n. prot. 10835). Su tutta la vicenda, ben prima che la golosità commerciale della casa d’aste fiorentina rispolverasse gli alberi genealogici, alcuni Senatori della Repubblica Italiana nella scorsa Legislatura hanno cercato di fare chiarezza. Margherita Corrado, Luisa Angrisani, Bianca Laura Granato, Elio Lannutti, Nicola Morra e Gianni Marilotti hanno depositato una interrogazione a risposta orale (n. 3-02935, pubblicata il 16 novembre 2021, nella seduta n. 379 e trasformata in n. 4-06821), Soprintendenza ABAP CA – ennesima potenziale truffa a danno di Amedeo Modigliani. Secondo gli interroganti le vicende ricostruite, su cui verterebbe la relazione storico-artistica della Soprintendenza, si fondano esclusivamente sul credito prestato alla proprietaria del quadro e a Parisot che, tra le altre cose, ha finanziato il restauro del dipinto. “L’attendibilità della saga del Modigliani sardo – si legge – è dunque tutta da dimostrare; mancano del resto, a tutt’oggi, prove documentali della presenza di Amedeo nell’isola, dove potrebbe non avere mai messo piede, mentre sono reali e ben documentate le vicende scabrose che hanno coinvolto Parisot: ‘contestato custode dell’Archivio Modigliani…condannato in Francia per falso e per truffa nel 2008’”. Il dispositivo, interamente pubblicato in Interrogare la Sfinge. Un’archeologa in Parlamento ai tempi del colera (2019-2022) di Margherita Corrado (Scienze e Lettere, 2023), pone anche l’accento sulla valorizzazione immobiliare e turistica del borgo agricolo di Grugua sulla scia – e lo sfruttamento – del brand Modigliani. Il documento si conclude con la richiesta al ministro in carica, Dario Franceschini, di “farsi promotore della necessaria revisione del vincolo apposto nel 2010 al Ritratto di Medea limitatamente ai dati sulla paternità del dipinto, sottoponendo ad una commissione di esperti e a tutti gli esami diagnostici oggi possibili, al fine di sottrarre il Ministero, per il futuro, alla responsabilità di avere avallato menzogne sulle quali eventuali manipolatori possano costruire immotivate fortune critiche, editoriali e immobiliari”. Il ministro ha ritenuto di non doversi occupare del Modì giovanile e l’interrogazione è rimasta senza risposta, un destino alla quale sono andate incontro pressoché quasi tutte le oltre 200 interrogazioni proposte a Franceschini nel corso della XVIII Legislatura a firma di Corrado.
Ci ha pensato la Galleria Panati Casa d’Aste a rivolgersi agli esperti di Art-Test che, nelle settimane precedenti l’incanto, hanno sottoposto il dipinto a una campagna diagnostica: fotografia a luce diffusa, indagine fluorescenza UV, spettrofotometria XRF. Gli esami sul tessuto, sui pigmenti e sulle due firme non hanno rilevato alcun anacronismo. Benedetto da questo ulteriore “conforto emotivo”, il Ritratto di Medea è andato all’asta a Firenze lo scorso 31 maggio. Con la richiesta di 700mila euro, il quadro non è stato aggiudicato.
La leggenda continua.
Dopo la laurea a Trento in Scienze dei Beni Culturali, in ambito storico-artistico, ho “deragliato” conseguendo a Milano un Perfezionamento in Scenari internazionali della criminalità organizzata, un Master in Analisi, Prevenzione e Contrasto della criminalità organizzata e della corruzione a Pisa e un Perfezionamento in Arte e diritto di nuovo a Milano. Ho frequentato un Master in scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Colleziono e recensisco libri, organizzo scampagnate e viaggi a caccia di bellezza e incuria.