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Collezionare arte rubata: la storia (non patinata) di Stéphane Breitwieser

Il ladro, copertina
(Tempo di lettura: 4 minuti)

La letteratura, il cinema e la televisione hanno contribuito a costruire e a nutrire un immaginario di fascino e romanticismo attorno alle personalità e alle gesta dei predatori di reperti archeologici, volumi antichi e opere d’arte. Da Arsène Lupin a Nemo – il protagonista di Inside (2023) interpretato da Willem Dafoe, già Coppa Volpi per Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità (2018) –, passando per Gioco a due (1999), The Art of the Steal – L’arte del furto (2013) e La migliore offerta (2013), scritto e diretto dal Premio Oscar Giuseppe Tornatore, fino alle “tre sorelle che hanno fatto un patto” in Occhi di gatto (1983-85); senza contare la fortunata saga dell’archeologo-avventuriero Indiana Jones, che ha reso famoso e immortale Harrison Ford, e La Chimera (2023) di Alice Rohrwacher, pellicola candidata a dodici David di Donatello. La lista è lunga e varia, accontenta la critica e seduce il pubblico.

Il ladro di Michael Finkel, best seller del New York Times, tradotto e pubblicato in Italia da Solferino sul finire dello scorso anno, va nella direzione contraria: l’epica del crimine, oltre il titolo, non trova spazio. Lo stile pulito è il tratto che emerge di un lavoro sommerso e certosino di ricerca, studio e scrittura. Finkel si tiene alla larga dal trasporto empatico e non ricama sul favore emotivo del lettore, un’astuzia che avrebbe giovato al saldo del suo conto corrente, semplicemente mette insieme, confronta e ordina i pezzi. Racconta. E, pagina dopo pagina, la costellazione familiare dell’alsaziano Stéphane Breitwieser prende forma, l’abisso si spalanca sulle fratture affettive adolescenziali, arrivano il bullismo, l’autoesclusione, qualche taccheggio, e l’ossessione, che sarà tentazione, piacere e rovina. La separazione dei genitori, e la conseguente perdita di prestigio sociale e materiale, sono il varco psicologico attraverso cui il bisogno di circondarsi di bellezza si manifesta in crimine. Breitwieser indossa abiti griffati recuperati nei mercatini solidali dei centri Emmaus, sbarca il lunario grazie ai sussidi statati e alla generosità dei nonni, è un neet trincerato nella mansarda, della casa della madre, dove convive con la fidanzata Anne-Catherine Kleinklaus. In questa storia, l’amore non è un’ancora di salvezza, è un sodalizio a delinquere con rituali, strategie e regole: il furto d’arte deve “essere un atto diurno compiuto totalmente in punta di piedi che nessuno dei presenti prova nemmeno un briciolo di paura” (p. 24). È immorale “tagliare o rompere di proposito un dipinto” (p. 25) per trafugarlo, meglio lasciarlo dov’è. Quando il colpo va a segno, l’opera “va salvaguardata da graffi, deformazioni, piegature e sporcizia” (ibidem), va adorata e custodita gelosamente nella collezione di dipinti e sculture, armi e avori, ma anche di tabacchiere, argenteria, calici da vino e manufatti di uso domestico, razziati in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania e Svizzera. “In trecento anni di storia dei musei pubblici, solo pochissimi individui (da soli o all’interno di una banda) hanno messo a segno più di dieci rapine coronate dal successo” (p. 56), pochi lo fanno esclusivamente per sé, ancora meno sono quelli che si professano “liberatori d’arte”. In Italia ne abbiamo avuto uno con il vizietto dei libri antichi: ha rimediato due condanne, una di sette anni e una di 5 anni e tre mesi di reclusione e, tra una sentenza e l’altra, gli hanno pure dedicato un libro (brutto).

Breitwieser è la mente, studia la tecnica, la storia e la provenienza dei pezzi, frequenta le biblioteche e colleziona libri d’arte, stila un dossier per ogni oggetto rubato. Ma è anche la mano armata di coltellino, che sfila viti, sposta teche, rimuove e occulta opere d’arte sotto il cappotto. “Breitwieser è ipnotizzato dall’ascesa dell’individualismo, il periodo in cui gli artisti europei sfuggirono al controllo della Chiesa e cominciarono a ritagliarsi un’indipendenza d’immaginario e di stile […]; è attratto da pittori meno dotati che manifestano una più profonda autenticità emotiva” (pp. 114-115). La disinvoltura è l’asso nelle maniche dalla coppia che consente loro di commettere “un furto ogni dodici giorni per sette anni” (p. 187), ma l’eccesso di sicurezza e la spavalderia sono i piedi in fallo che li condurranno per la prima volta dietro le sbarre. È il 28 maggio 1997.

Non anticipiamo oltre. Il libro di Finkel è un lavoro solido, costato dieci anni intermittenti tra letture, incontri, interviste, viaggi, visite, traduzioni, verifica delle fonti e scrittura, è un romanzo dalle sembianze del saggio che si legge speditamente sotto l’ombrellone. Lo sguardo narrativo è ampio, c’è la storia criminale di Stéphane Breitwieser e della sua complice Anne-Catherine Kleinklaus e quella di molti altri furti che si sarebbero potuti evitare con più personale dedicato e misure di sicurezza adeguate. Saccheggiare siti archeologici, musei e biblioteche non è sexy, è un reato a danno delle generazioni future.

SCHEDA LIBRO

Autore: Michael Finkel

Titolo: Il ladro. Una storia vera d’amore, di furti d’arte e pericolose ossessioni

Editore: Solferino

Anno edizione: 2023

Pagine: 229

Prezzo: 17,50 Euro

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