Un po’ di più del Po, in mostra al Palazzo Madama di Torino
Chi non sa qual sia la via che conduce al mare, deve prendere per compagno il fiume
Plauto
Partiamo dai numeri veri, aggiornati o, come direbbe un sarto di una volta, “prendiamo un po’ di misure”.
Lungo 652 chilometri, ha 141 affluenti e un bacino idrografico di circa 87.000 chilometri quadrati, con 19.850.000 abitanti nella zona. Il Po rappresenta il 37% della produzione agricola italiana e il 55% di quella zootecnica nazionale. Contribuisce anche al 40% del PIL italiano, grazie alla densità di popolazione, industrie e attività commerciali, tra le più alte in Europa.
Ci soffermiamo su questi dati per stimolare un’azione economica e tecnica che, piaccia o meno, è al centro dell’agenda politica di tutti i paesi.
La mostra a Palazzo Madama, Change! Ieri, oggi, domani. Il Po, mette bene in evidenza queste criticità, soprattutto quella climatica. C’è un plastico del fiume insieme a immagini digitali di fossili, figure diafane di strani pesci che nuotavano nella Pianura Padana dieci milioni di anni fa, insieme a coccodrilli e barracuda (non proprio quelli che vediamo ora lungo le nostre coste, che arrivano dal Mar Rosso e dall’Atlantico insieme a tante altre specie non autoctone). È una mostra ben fatta, che fonde le architetture di Palazzo Madama con il percorso dei visitatori, tra colori e luci soffuse. Il titolo della mostra è subito chiaro: ieri, oggi e domani, ovvero passato, presente e futuro.
Il passato è davvero sempre glorioso, come dicevano i filosofi greci?
Osserviamo quindi le antiche cartine che ci mostrano come le cose sono cambiate nel tempo. È una sintesi della storia di una parte del nostro paese con il grande fiume e l’importanza dell’acqua, che da sempre ha dato origine a grandi civiltà.
Il Po ha viaggiato nel tempo e nello spazio, attraversando millenni e territori. Due dimensioni che ci riportano a spazi circondati da alte montagne, dove prima c’era il mare. E poi la pianura verde, tra prati e alberi, con le acque del fiume e dei suoi tanti affluenti. Antiche popolazioni italiche hanno vissuto nella pianura prima dei Romani, dei Longobardi, dell’epoca feudale, delle Signorie, fino all’era dello sviluppo agricolo e industriale. Con questo processo di antropizzazione, siamo noi oggi i testimoni di un cambiamento del paesaggio. Questo fenomeno si collega anche alle norme di tutela culturale e ambientale dell’art. 9 della Costituzione: forse anche per questo la mostra ha ottenuto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica.
Oggi il presente è segnato dalla crisi idrica e da fenomeni climatici che erano quasi sconosciuti fino a pochi anni fa. Un mix di fattori negativi che peggiorano ulteriormente la situazione già fragile del territorio, con un forte impatto sulla produzione e sulla qualità della vita.
Serve davvero che il delta del Po sia stato riconosciuto come Riserva di Biosfera dall’UNESCO nel 2015? O è solo l’ennesimo riconoscimento formale aggiunto al Patrimonio dell’Umanità ottenuto nel 1999 da “Ferrara, città del Rinascimento e il suo Delta”?
A che punto siamo con le scadenze dell’agenda UNESCO 2030 per lo sviluppo sostenibile, dove due obiettivi su diciassette riguardano direttamente l’acqua?
Non perdiamo di vista il concetto di tutela del paesaggio definito dall’art. 131 del Codice dei Beni Culturali: “Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”. Le linee guida sono chiare, sia a livello internazionale che nazionale, ma sembra si faccia poco per affrontare la situazione, se non per aspetti superficiali: manca l’acqua per la piscina, niente festa, cavolo!
Arriveranno magari venditori d’acqua che la venderanno a peso d’oro?
“Il mio motto è H2O è ciò che ti do” come dice un personaggio di Mad Max, un film apocalittico del 1985 dove l’acqua è il bene più prezioso e raro.
Chi ci porterà nella “favolosa terra del domani”?
Non illudiamoci, come i bimbi del film. È necessario superare la nostra pigrizia e rassegnazione. Dobbiamo affrontare le difficoltà della nostra vita con convinzione, puntando a un cambiamento positivo. Siamo troppo spesso distratti da futilità, rischiamo di fare la fine degli ignavi danteschi, senza infamia e senza lode, condannati a rincorrere insegne senza mai fermarci.
Intanto, fino al 23 gennaio 2025, abbiamo tempo per visitare la mostra, così da illuminare le menti e scuotere le nostre coscienze. Se ci si organizzasse un minimo, si potrebbero visitare anche le sorgenti del Po, a pian del Re, nella provincia di Cuneo, sulle pendici del Monviso, a circa ottanta chilometri dal centro della sabauda Torino. Da lì potremmo guardare dall’alto e verso est, seguendo idealmente il corso del fiume per arrivare là, dove sorge il Sole, ma anche dove sfocia, nel mare, Bodinco, Padus, Eridano: i tanti nomi del Po.
Il presente si fonde con il passato, la realtà con la fantasia e il mito, verso un futuro che, si confida, non ci costringa ad avere bisogno di eroi.
Opinionista