Le sinfonie del tempo: l’area archeologica di Aquileia, dopo oltre cinque lustri dal riconoscimento UNESCO

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…merito tamen aucta recenti nona inter claras Aquileia cieberis urbes, Itala ad Illyricos obiecta colonia montes, moenibus et portu celeberrima […]

Ausonio-Ordo Urbium Nobilium, 9

Visitare un’area archeologica è una pratica consigliabile, da provare almeno una volta nella vita. Il motivo principale risiede forse nel fatto che, al di là dei gusti e delle necessità, ci indica una delle possibili vie per confrontarsi davvero con la dimensione del tempo. Dalla semplice osservazione del substrato, di ciò che è rimasto in relazione alla realtà contingente, si possono cogliere aspetti, vivere emozioni, esprimere considerazioni da condividere, a beneficio della comprensione collettiva e, sarebbe auspicabile, di un’azione concreta e corale, possibilmente virtuosa, tesa a un miglioramento dell’esperienza su vari piani. Dovrebbe essere questo lo spirito con cui accostarsi a questa attività della sfera culturale, se non altro per coglierne l’essenza e trarne insegnamento.

Proprio a partire da questi presupposti ideali, nella misura in cui si desidera sperimentarli, rappresenta una scelta vincente intrattenersi per un po’ nella città di Aquileia, così da poterne apprezzare il patrimonio archeologico costituito da complessi architettonici che, emergenti tra gli scavi, si inseriscono in contesto stratificato di epoche, a partire dal medioevo fino alla contemporaneità.

È essenzialmente questo peculiare assetto estetico, comprendente anche la Basilica Patriarcale, che ha determinato l’inserimento di quest’area della cittadina friulana nella lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO (1998), in base ai seguenti criteri:
• essere testimonianza unica o eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o scomparsa;
• costituire un esempio straordinario di tipologia edilizia, di un insieme architettonico o tecnologico, o di un paesaggio, che illustri una o più importanti fasi nella storia umana;
• essere direttamente o materialmente associata con avvenimenti o tradizioni viventi, idee o credenze, opere artistiche o letterarie, dotate di un significato universale eccezionale.

Soddisfare e sviluppare questi criteri, si è tradotto, in seguito, in ulteriore riconoscimento dell’UNESCO (2016) che ha reputato il sito di Aquileia di valore universale eccezionale dai punti vista scientifico e storico (OUV). Il valore, in questo caso, è dato dall’insieme dei requisiti di autenticità e integrità statuiti dall’UNESCO unitamente all’apporto rilevante per la cultura, la scienza e la storia. L’eccezionalità, invece, si riferisce all’importanza sovranazionale del sito, a partire da quella locale e continuando lungo un orizzonte di condivisione soprattutto per le future generazioni considerate su scala planetaria. Questo particolare aspetto è fondamentale perché richiama un concetto importante: la protezione, ovvero l’azione che si esprime anzitutto in un’oculata e lungimirante gestione per garantire l’integrità del sito e promuoverne lo sviluppo in termini soprattutto di sostenibilità.

Questo inciso vuole essere una sorta di richiamo alla responsabilità di ognuno di noi nel momento in cui ci si approccia a un contesto del genere. Spesso questi aspetti sono sottovalutati e ritenuti, purtroppo, solo un mero riconoscimento formale: non è così se ne teniamo in mente i motivi che sostanziano tale riconoscimento. È necessario perciò conoscere e approfondire.

Passeggiare lentamente è il modo migliore per ripercorrere, in qualche modo, le tappe di questa colonia romana fondata nel 181 a.C., dove il passato e il futuro sembrano fondersi senza soluzione di continuità. Il paesaggio, nel suo insieme, è caratterizzato da una rete di percorsi ciclabili e pedonali immersi quasi del tutto nel verde. Ciò non ha tradito l’impostazione di severa regolarità dell’urbana matrice romana, arricchendola di nuove soluzioni date da passaggi e coperture per facilitare l’accesso dei visitatori al Foro, lungo le rive dell’antico porto fluviale e nei pressi della splendida Basilica, a cui andrebbe dedicato un profondo contributo di pensiero a parte.

Questa esperienza non può che coronarsi con la visita al Museo Archeologico Nazionale di Aquileia, certamente tra le più significative istituzioni culturali dedicate all’archeologia romana, riallestito nel 2018, in occasione del 136° anniversario di fondazione. Il percorso museale è incentrato sull’antica città di Aquileia, da dove provengono gran parte dei numerosi beni e testimonianze di età romana esposti, a dimostrazione del forte legame con il territorio d’origine. L’esposizione è decisamente coinvolgente e suggestiva. Si possono infatti ammirare i corredi funerari restaurati dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, iscrizioni, statue e raffinati oggetti provenienti dalle domus del posto, note soprattutto per il pregio dei mosaici che, in questa sede, vengono presentati con affreschi, vasellame e altri oggetti realizzati in ceramica, metalli preziosi e vetro. Le modalità espositive ricostruiscono i contesti più significativi dell’epoca compresa l’antica vocazione marinara con statue e una collezione di varie anfore. Non da meno sono le collezioni di gioielli e numismatiche, che chiudono un percorso ampliato nel 2021 e che tiene conto dell’articolazione sui tre piani di villa ottocentesca Cassis Faraone. L’ambiente esterno è congruente e presenta un percorso che consente di ammirare numerosi frammenti lapidei e le geometrie verticali delle urne cinerarie, poste ai margini del giardino principale.

Meritano una menzione ad hoc due pezzi. La statua in marmo acefala del “Navarca”, risalente, alla seconda metà del I secolo a.C. e inizio del I secolo d.C., che rappresenta appunto il comandante di altro rango di un naviglio militare, in una veste eroica perpetuata anche nella sua funzione funeraria in cui spiccano tutti gli elementi tipici dati dalla lorica con gorgoneion, il mantello drappeggiato, il cingulum e spada. La statua fu ritrovata, frammentata, nel 1953, in località Cavenzano, nei pressi di villa Antonini/Brunner/ Krcivoy. L’altro pezzo notevole fu rinvenuto durante gli scavi del foro di Aquileia nel 1988 ed è l’elemento decorativo bronzeo, databile tra la fine del I secolo a.C. e inizio I secolo d.C., effigiante il vento, probabilmente il vento divino del nord (Boreas). Un manufatto talmente icastico ed evocativo della gloria e dei miti passati che hanno dato lustro a quelle terre, tanto da essere riportato sulla copertina della guida e sulla home-page del sito internet del museo.

Si potrebbe definire tutto ciò una sorta di idillio, di antica sinfonia, ma nulla è perfetto. A volte le sinfonie perdono di sacralità, diventano altro, forse rapsodie, per usare un eufemismo filtrato dall’imperversante contemporaneità.
Allora si riesce, in parte e con qualche difficoltà, a passare sopra al cartello divelto, che non può essere toccato perché “…lo devono sistemare le figure competenti…” e alla giovane guida turistica che, al cospetto di un folto gruppo di rapiti uditori, nei pressi del monumento della Lupa Capitolina (una copia risalente al 1919), collocato poco distante dal campanile della Basilica di Aquileia, pronuncia con solennità “…questo monumento lo hanno fatto i greci per i romani…”.

Sarà stata colpa della calura estiva, tipica di una domenica pomeriggio, ma per dimenticare gli strafalcioni (definiamoli così, sic!) mi sono recato al bookshop, poco distante, è ho acquistato i cataloghi ufficiali del museo archeologico e di Aquileia: dopotutto scripta manent, verba volant.

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