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Presupposti ottimi: una squadra segreta, formata da ladri professionisti, che ha come obiettivo recuperare dei quadri rubati dai nazisti e appartenenti a degli ex deportati ebrei, una storia che può, in un certo senso, farci pensare a Monuments Men, capolavoro di George Clooney, ma ambientato ai nostri giorni.

Il prodotto, nonostante una trama che può contenere spunti potenzialmente interessanti, è un poliziesco un po’ ingenuo in cui personaggi di poco spessore ruotano attorno alla protagonista, Annabel Gomez, unico “raggio di sole” in uno scenario paradossalmente piatto, ma anche fantasioso allo stesso tempo.

La pellicola inizia con brevissimo flashback storico del Secondo Conflitto Mondiale: un prigioniero ebreo con in mano una preziosa scatola, fugge da un soldato nazista che lo sta inseguendo. Altro salto temporale repentino negli anni ’80, una giovane ladra, che altro non è che la protagonista Annabelle, entra in casa di Joseph, ex deportato e protagonista della sequenza iniziale, tentando di rubare dei preziosi quadri di Monet, Degas, Picasso e Van Gogh. Con grande sorpresa, il proprietario la accoglie, proponendole di lavorare per lui e per un’associazione segreta con la missione di riportare a casa i capolavori razziati dai nazisti durante la guerra.

L’obiettivo, commissionato alla giovane Annabelle, si ripresenta ai giorni nostri, ma la donna è consapevole di non potercela fare da sola e ingaggia una squadra. Il fine è svaligiare il caveau di un ricco uomo d’affari neonazista, che, oltre a enormi quantitativi di oro, possiede i dipinti di Joseph. La scena dell’accesso al caveau, in termini di fantasia, è la migliore: conosciamo storie di criminali d’arte che hanno dell’incredibile, ma questa è talmente assurda da sembrare un film della Marvel con un budget decisamente inferiore. La squadra variegata, tipo Avangers della cultura, è coinvolta in azioni di spionaggio, scassinamenti, contrattazioni varie e qualche bicchiere di vodka con “il cattivo”. La storia di ognuno dei membri del gruppo non è mai approfondita, inclusa la presunta liaison tra due dei protagonisti, lasciata totalmente all’immaginazione dello spettatore.

Per gli esperti e gli appassionati, è sempre buona notizia quando il mondo del cinema si avvicina ai furti d’arte e ai crimini contro i beni culturali. A volte si rimane contenti del risultato, a volte molto contenti – come quando si esce dalla sala dicendo: «Finalmente una pellicola che mi ha appassionato e che può insegnare qualcosa a chi non conosce questo mondo!» – a volte delusi. È questo il caso. Lo si poteva intuire dal titolo? Forse. Ma un film si giudica dal titolo?

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