(Tempo di lettura: 4 minuti)

Chi cerca trova. E qualche volta l’impensabile viene a galla anche così, un po’ per caso. Questa storia inizia con un dragone alato in marmo bianco e rosa di Candoglia del 1404. Tre quintali e mezzo per un metro e mezzo di altezza che, fino al 1943, osservano i passanti dalla guglia numero 6 della cattedrale meneghina. La Seconda Guerra Mondiale, i bombardamenti sulla città, i danni, i crolli e le ruberie fanno il resto: per 75 anni la gargolla passa di mano, viaggia, rimane impigliata nel gorgo dell’oblio e delle indagini in mezza Europa. Riappare la prima volta ad aprile 2018 e poi a febbraio 2019 nelle carte presentate da Giancarlo Ciaroni, un affermato mercate d’arte pesarese, all’Ufficio Esportazione, presso la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza. L’antiquario, fondatore e contitolare della Galleria Altomani con sedi a Pesaro e a Milano, è noto al Ministero della Cultura e ai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Per il ritrovamento di affreschi e per la collaborazione nella ricerca di statue romane esportate illegalmente, il dicastero di via del Collegio Romano gli invia una lettera di encomio; insieme ai militari del Nucleo TPC di Ancona Ciaroni riceve il Premio Rotondi – Premio Marche 2018, un riconoscimento ai salvatori dell’Arte, “per il felice esito dell’Operazione Barocci, che ha portato al recupero di un frammento e alla riconquistata integrità di una preziosa tela del Duomo di Urbino da cui 35 anni fa era stato ritagliato e rubato”.

Il Duomo di Milano

Proprio in questo periodo il mercante chiede e ottiene a Verona – non ad Ancona, non a Milano, ma a Verona – l’attestato di libera circolazione per un manufatto marmoreo di provenienza del Nord Europa: intende esporlo a The European Fine Art Foundation (TEFAF) Maastricht, la fiera più prestigiosa per le belle arti, l’antiquariato e il design. L’ufficio scaligero si attiene alle dichiarazioni, non verifica e non riconosce il doccione staccatosi dall’apparato decorativo del Duomo di Milano e rubato negli anni Quaranta. Il dragone arriva nei Paesi Bassi per essere pulito e restaurato, ma un ordine europeo di indagine raggiunge l’artigiano fiammingo, esecutore degli interventi, che viene interrogato dalla polizia locale. Inizia a emergere il legame tra il marmo di Candoglia, estratto in Val d’Ossola per la costruzione della cattedrale meneghina, e un giglio a firma della manifattura francese che aveva prodotto il doccione per il Duomo di Milano. I Carabinieri del Nucleo TPC di Monza, coordinati da Francesca Crupi e Laura Pedio, rispettivamente pm e allora procuratore aggiunto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, indagano. Nel dicembre 2022 la scultura viene sequestrata in via preventiva a Montecchio, frazione di Vallefoglia (PU), in un capannone di proprietà di Ciaroni. Ricettazione, esportazione illecita e occultamento di bene culturale sono le ipotesi di reato a carico del gallerista che dichiara di aver acquistato in buona fede la gargolla per 28mila euro – il cui valore attuale e reale sarebbe di 300mila euro – da un altro antiquario di Brescia, a sua volta ignaro della provenienza del pezzo. La Procura di Milano non ritiene sufficienti le argomentazioni e rinvia a giudizio il mercante pesarese. Per il 6 ottobre 2023 è fissata l’udienza preliminare, aggiornata poi al 15 dicembre 2023. Nel frattempo, a fine novembre, la scultura ritorna nelle disponibilità della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.

La difesa, rappresentata dall’avvocato Domenico Costantino, cerca di ricostruire i passaggi di proprietà e di dimostrare l’innocenza di Ciaroni: il dragone alato era stato venduto all’antiquario bresciano da un erede di Giuseppe Torno (1896-1971), fondatore della Torno Spa, un colosso dell’imprenditoria edile protagonista del “miracolo economico” del secondo dopoguerra. E Torno avrebbe ricevuto la statua in dono dalla Veneranda Fabbrica, come sembrerebbero attestare due documenti datati 30 settembre 1952 e 27 agosto 1954. Elisa Mantia, storica dell’arte, membro del Comitato Scientifico della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano e coordinatrice della sua area Cultura e Conservazione, sentita dagli inquirenti nel 2022, conferma che sculture ed elementi danneggiati dai bombardamenti venissero occasionalmente regalati a illustri milanesi benefattori del Duomo. Dal fascicolo processuale – come ha scritto Francesco Floris su LaPresse – emerge che tra il 5 agosto 1944 e l’11 dicembre 1987 sarebbero almeno 40 i pezzi, tra statue, cimeli e parti della pavimentazione della cattedrale, a essere stati usati come moneta in cambio di restauri o come regalie ad amici: “nell’immediato dopoguerra c’è stata una dispersione di elementi decorativi non regolamentata dovuta alla situazione emergenziale”. Una “situazione emergenziale” che si è fatta prassi per quasi cinquant’anni, garantita da “un margine di responsabilità e autonomia” che non aveva alcun obbligo verso l’“autorità di tutela ministeriali dei beni culturali”. Grazie alle ricerche compiute negli archivi della Veneranda Fabbrica, proprio in occasione del procedimento contro Ciaroni, sono tornati alla luce fatti, movimenti e nomi. SEA – Società Esercizi Aeroportuali, il senatore Giuseppe Bianchini (1876-1970), un dirigente di Regione Lombardia, un capo sezione della Ragioneria del Comune di Milano, la Casa italiana dello studente di Parigi, l’Abbazia di Chiaravalle e altri sfilano nella relazione compilata da Mantia. Un malcostume e una mala gestio ormai prescritti, ma che sarebbero caduti nel condono (o nel perdono) del silenzio.

Lo scorso 12 luglio, Giancarlo Ciaroni è stato assolto con formula piena da Giuseppe Cernuto, giudice del Tribunale di Milano. La pubblica accusa aveva invece chiesto la condanna a un anno e sei mesi di reclusione e una multa di 500 euro.

Cosa resta invece ai vecchi e ai nuovi benefattori contemporanei? Il progetto Adotta una Statua, costola di Adotta una Guglia, è pensato per la valorizzazione di un numero selezionato di statue rimosse dalla cattedrale e “prevede, previo ottenimento delle relative autorizzazioni dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Milano, l’adozione di tali opere da parte di aziende, persone giuridiche o privati che, con la propria donazione, ne potranno sostenere il restauro e il consolidamento”. Il principio è molto semplice e vantaggioso per entrambe le parti: chi paga l’intervento può richiedere il prestito. “Si avrà quindi la possibilità di movimentare l’opera ed esporla in spazi al di fuori del Complesso Monumentale del Duomo di Milano tornando a essere fruibile al pubblico in un contesto alternativo, il quale dovrà in ogni caso garantire verifiche periodiche delle condizioni ambientali da parte dell’Ente. Data la specificità dell’iniziativa, il progetto è indirizzato prevalentemente ad aziende e privati dell’area milanese e lombarda”.

Meglio in prestito che in regalo. È già qualcosa.

Ultimi articoli

error: Copiare è un reato!