Mecenatismo e tutela a Trieste
Una donazione e una mostra raccontano l’attenzione al patrimonio culturale di una città variegata, aperta e cosmopolita
La mia anima è a Trieste
(James Joyce)
Trieste è vento, è bora chiara se c’è il sole, è bora scura con la pioggia, la neve e il cielo coperto. Trieste è porto, è golfo, è vela, è Barcolana. Trieste è letteratura, è Italo Svevo (1861-1928), è James Joyce (1882-1941), è Umberto Saba (1883-1957), è Claudio Magris (1939), è Paolo Rumiz (1947), è Susanna Tamaro (1957), è Federica Manzon (1981). Trieste è caffè storici, è Caffè Tommaseo, è Caffè degli Specchi, è Antico Caffè San Marco, è Pasticceria Pirona Caffè, è Caffè Stella Polare. Trieste è eredità romana, l’Arco di Riccardo, è memoria, la Risiera di San Sabba. Trieste è follie liberty, Casa dei Mascheroni e Casa Terni, e solido brutalismo, dal Santuario di Monte Grisa a Rozzol Melara. Trieste è jota, è gulasch, è patate in tecia, è sardoni in savòr, è strucolo, è pelinkovac. Trieste è frontiera e contaminazione, è porto franco e commerci. Trieste è un’anfora di culture che a partire da Sette-Ottocento hanno reso viva e unica una città che combina il rigore austero e monumentale delle architetture in stile eclettico – Palazzo del Municipio, Palazzo del Governo, Palazzo Gopcevich, Palazzo delle Poste, Castello di Miramare – a una vivace frequentazione dei locali e dei luoghi all’aperto tipica del mediterraneo.
Trieste è ovviamente molto altro e molto più di questo, ma basta attraversare la soglia di Palazzo Revoltella per scoprire l’anima carsica più splendente e generosa della città: il mecenatismo. L’edificio, progettato dall’architetto berlinese Friedrich Hitzig (1811-1881) e realizzato tra il 1853 e il 1859, diventa museo civico nel 1872 secondo le volontà testamentarie di Pasquale Revoltella (1795-1869), un gentiluomo veneziano di nascita e triestino di elezione. Abile imprenditore nel commercio di legname e granaglie, finanziere e azionista della prima ora delle Assicurazioni Generali, diventa vicepresidente della Compagnia del Canale di Suez. Proprio a Revoltella è riconosciuto un significativo contributo, diplomatico e finanziario, in una impresa epocale per le rotte marittime e per l’economia del Mediterraneo: il taglio dell’Istmo di Suez. Per pochi mesi non fa in tempo a vedere il Canale inaugurato, ma gli ultimi anni della sua vita sono caratterizzati da un importante investimento in iniziative educative e filantropiche: la Scuola di disegno, il Teatro Armonia, il Ferdinandeo e la donazione di un altare alla chiesa gesuita di S. Maria Maggiore. Bibliofilo e raffinato collezionista di sculture, dipinti e arredi, con la costruzione della sua ultima dimora Revoltella porta a Trieste una moda architettonica e decorativa molto diffusa in Europa e conosciuta come “Stile Secondo Impero”. A specchiere dorate, sofisticati soffitti decorati e parquet intarsiati sono abbinati arredi damascati di produzione tedesca, vasi neoclassici, tele e statue di squisita manifattura italiana e un apparato pittorico-ornamentale incentrato sul valore del progresso, delle scienze e delle arti, perfettamente aderente al tempo e alla cultura positivista di cui il padrone di casa era elegante rappresentante. Tutto questo, da oltre un secolo e mezzo, è patrimonio della città di Trieste che ha saputo custodire pressoché intatti gli ambienti più sfarzosi e quelli più a immagine e somiglianza del suo benefattore: la biblioteca privata in stile neobarocco al pianoterra ne è un fulgido esempio.
Palazzo Revoltella non è culto delle ceneri. Nuove acquisizioni si sono aggiunte al già cospicuo lascito e hanno reso necessario l’acquisto di Palazzo Brunner e di Palazzo Basevi, faticosamente integrati – per i tempi biblici di realizzazione – in un progetto di ampliamento e riqualificazione con luminose aperture, vetrate e inserti in cemento armato, cifra inconfondibile di Carlo Scarpa (1906-1978), preservata dagli architetti che subentrarono a cantiere avviato. I sei piani complessivi, che culminano con una terrazza proiettata sul cotto dei tetti e sull’infinito del porto, ospitano circa 350 opere. Busti, gruppi scultorei e dipinti di artisti triestini e di grandi maestri dell’arte, come Fattori, Casorati, Carrà, de Chirico, Fontana, Burri, Pomodoro e altri, sono disposti secondo genere e secondo periodo.
Dallo scorso 19 giugno altre 116 opere, rappresentative della pittura triestina tra Otto e Novecento, arricchiscono le collezioni del museo: appartenute a una raccolta privata triestina e messe all’incanto nel maggio 2024, sono state acquistate in blocco dai coniugi Annamaria Contento e Luciano Luciani e donate alla città. Per la prima volta ora sono esposte al pubblico nella Galleria Carlo Scarpa, al mezzanino accanto all’ingresso “per la loro custodia e valorizzazione”. Pasquale Revoltella ne sarebbe entusiasta.
Diversa è la storia di Palazzo Economo. Progettato dall’architetto triestino Giovanni Scalmanini (1830-1905), su commissione dai fratelli Giovanni Andrea e Demetrio Andrea Economo, mercanti di granaglie trasferitisi nel 1872 da Salonicco, l’immobile è un edificio tripartito, realizzato entro gli anni novanta dell’Ottocento: al pianterreno magazzini, al primo piano uffici, al secondo il piano nobile raggiungibile da uno scalone d’onore in marmo. Colonne ioniche e colonne corinzie, grottesche, figure alate e motivi vegetali di gusto pompeiano, geometrie in stile neogreco, a omaggio delle origini dei committenti, e un abbondante ricorso all’oro decorano l’ambiente della gradinata che termina con un ampio lucernario a vetrate opaline. Nel 1910 gli uffici vengono convertiti ad abitazione e nel 1927 al piano nobile si ricava il settecentesco Salone Piemontese: gli Economo acquistano da Pietro Accorsi, un antiquario piemontese, specchi, boiserie in legno intagliato dorato e sovrapporte con scene mitologiche e bibliche provenienti dal palazzo dei marchesi San Tommaso di Torino. La stanza diventa l’ambiente più ricco e luminoso del palazzo che dal 1973 è di proprietà dello Stato. In passato un’ala dell’edificio ha ospitato la Galleria Nazionale d’Arte Antica di Trieste, oggi vi risiedono le sedi di tre uffici periferici del Ministero della Cultura del Friuli Venezia Giulia: il Segretariato Regionale, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e la Direzione Regionale Musei.
Palazzo Economo è aperto alle visite guidate solo in occasioni particolari, come le Giornate Europee del Patrimonio, o per accogliere incontri e conferenze nel Salone Piemontese. Fino al prossimo 14 novembre, contemporaneamente nelle due sedi di Trieste e di Udine, è possibile apprezzare 100XSABAP100, una mostra che attraverso cento foto scelte nell’archivio della Soprintendenza, dieci per ciascun anno, documenta il secolo di attività della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia. Un traguardo importante celebrato con un ricco programma di appuntamenti per far conoscere al pubblico la missione e le attività dell’ufficio, come sono cambiate nel corso del tempo – anche grazie a un diffuso mutamento culturale e nuovo impianto normativo – e quanto hanno inciso sulla tutela del patrimonio e sulla sua ricostruzione dopo le due guerre. “Le fotografie scelte riportano la memoria verso un tempo lontano in cui gli uffici preposti alla tutela, tra le difficoltà delle guerre, delle emergenze e degli eventi calamitosi, si sono sempre occupati, con impegno e sacrificio, della salvaguardia della nostra cultura materiale e immateriale, per tramandare ai posteri le tracce del passato e per consolidare, al contempo, le nostre radici”.
Trieste è anche questo: radici nel terreno e rami verso il cielo.
Dopo la laurea a Trento in Scienze dei Beni Culturali, in ambito storico-artistico, ho “deragliato” conseguendo a Milano un Perfezionamento in Scenari internazionali della criminalità organizzata, un Master in Analisi, Prevenzione e Contrasto della criminalità organizzata e della corruzione a Pisa e un Perfezionamento in Arte e diritto di nuovo a Milano. Ho frequentato un Master in scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Colleziono e recensisco libri, organizzo scampagnate e viaggi a caccia di bellezza e incuria.