Il capolavoro esposto è un reliquiario in oro e smalto di età tardo-gotica, realizzato con la tecnica del pointillée, probabilmente commissionato dalla corte reale di Valois per il Tesoro di Carlo V di Francia, e attribuito all’artista Jean du Vivier. L’artista rappresenta in alto la figura di Dio Padre in Gloria, circondato da angeli, attorniati da motivi vegetali realizzati in smalto, gemme e perle, e, nei registri inferiori, scene della Passione di Cristo.
Dopo Parigi, nel 1439 l’opera passò a Federico IV d’Asburgo del Tirolo, nel 1450 arrivò da Leonello d’Este a Ferrara, e infine nel 1457 al Cardinale Pietro Barbo a Venezia, che, dopo qualche anno, divenne Papa con il nome di Paolo II.
In occasione del pontificato, il reliquiario fu annoverato nel Tesoro Vaticano ed esposto a Castel Sant’Angelo, sino all’arrivo di Sisto V, personaggio che diede un’importante svolta alla cultura dello Stato Pontificio, che volle donare il reliquiario alla sua città, Montalto delle Marche (Ascoli Piceno), facendolo diventare un simbolo identitario per la comunità. Nella parte inferiore del manufatto compare anche l’iscrizione dedicatoria: Sisto V Pontefice Massimo donò a Montalto sua Patria carissima queste sacre reliquie, come segno del suo affetto, nel secondo anno del suo pontificato.
Il dono fu così caro alla popolazione che, in diverse occasioni, venne “difeso” dai cittadini. Nel 1798, infatti, l’esercito francese reclamò l’appartenenza del reliquiario, con l’intenzione di riportarlo nel luogo in cui era stato realizzato: Parigi. Il popolo insorse in una rivolta armata e riuscì a ottenere la permanenza del tesoro in città, pagando una ingente somma per convincere le truppe napoleoniche a non trasferire l’opera in Francia. A questo punto sorge spontanea la domanda: forse questa volta i francesi avevano ragione (ogni riferimento al patrocinio della Scalinata di Trinità dei Monti è puramente casuale)? Sicuramente si può affermare che il reliquiario abbia trascorso gran parte della sua esistenza, da quando è stato forgiato, nella cittadina delle Marche.
Ad oggi, l’opera continua ad appartenere al Museo di Montalto che, a causa dei danni subiti dal sisma del 2016, è ancora chiuso, in attesa della fine dei lavori di messa in sicurezza. I Musei Vaticani hanno voluto dare spazio ad un’opera tanto importante, non solo per dare un degno allestimento al reliquiario, da poco restaurato dall’Opificio delle Pietre Dure, ma anche per rendere onore a Sisto V, pontefice strettamente collegato ad una rinascita culturale, architettonica e spirituale dello Stato Pontificio.
Nata a Messina, ma vive a Roma. Si è laureata in Archeologia presso l’Università di Roma Tor Vergata con una tesi che coniuga Archeologia della Magna Grecia e Diritto dei Beni Culturali, in collaborazione con il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Si è quindi specializzata in Management delle Risorse Artistiche e Culturali, presso l’Università IULM, sede di Roma. Collabora da diversi anni con l’Associazione Culturale Arkekairos, che si occupa di promozione del Patrimonio Culturale in ambito romano e laziale, con particolare interesse verso gli studenti della scuola superiore. Attualmente lavora nei Servizi e Rapporti con il Pubblico presso i Musei Vaticani. Precedentemente ha collaborato con FOROF, spazio espositivo al Foro di Traiano e con Museiincomune Roma, con mansioni di accoglienza e biglietteria. Nel tempo libero le piace conoscere posti nuovi, esplorare e condividere le piccole scoperte attraverso il suo profilo “Letiziachefacose”.