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I Carabinieri dell’Arte consegnano ai Musei Archeologici di Venezia una testa marmorea raffigurante la dea Diana

TPC Venezia
(Tempo di lettura: 3 minuti)

Comunicato Stampa nel Nucleo TPC di Venezia

Nella mattina odierna il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Venezia ha consegnato, ai Musei archeologici nazionali di Venezia e della Lagunauna testa in marmo raffigurante la dea Diana. 

Il manufatto risulta essere parte di una composizione più grande, molto probabilmente una statua a corpo intero, in scala 1:1, fatta per essere vista in posizione frontale (o al più laterale) e in origine verosimilmente esposta all’interno di una nicchia, o comunque addossata a una muratura, poiché il retro si presenta appena abbozzato. L’acconciatura, costituita da una folta capigliatura a boccoli morbidi con scriminatura centrale, frangia riportata verso l’alto e annodata al centro a formare un fiocco, ciocche pendule sulla nuca e chignon, è unicamente riservata alle divinità e non risulta mai utilizzata nelle raffigurazioni di comuni mortali proprio a rimarcare il carattere esclusivo: è un tratto in particolare peculiare delle divinità femminili, specialmente di Venere/Afrodite e Diana/Artemide, mentre nella sfera maschile sembra connotare solo determinate figure, in primo luogo Apollo.

L’opera è sicuramente attribuibile a una produzione romana e risulta con buona probabilità prodotta da una bottega dislocata nella penisola italiana (verosimilmente in ambito centro-italico). Per tipologia, si può tuttavia escludere la provenienza da un contesto santuariale e suggerire invece la collocazione originaria all’interno di un’abitazione privata di alto rango (villa), o al più in spazi pubblici destinati al diletto (terme).

Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica di Venezia, sono state avviate dal Nucleo CC TPC nel luglio 2023, nell’ambito di un’attività ispettiva della Soprintendenza A.B.A.P. per il Comune di Venezia e Laguna, con cui i Carabinieri TPC collaborano strutturalmente. Il bene è stato ritrovato in una cantina di un immobile veneziano, parte di un asse ereditario. 

A seguito della sua verifica, il bene è stato sottoposto a sequestro, stante l’assenza di un valido titolo di proprietà da parte del proprietario dell’immobile, la cui collaborazione è stata altresì importante nel corso delle indagini, a partire proprio dalla denuncia di ritrovamento prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. Gli accertamenti effettuati hanno permesso di ricostruire parte della storia del bene, che è stato per la prima volta rinvenuto in un campo agricolo in Toscana, tra la fine degli anni ’40 e gli inizi degli anni ’50 del secolo scorso. Il manufatto, oggetto pertanto del reato di rinvenimento fortuito non denunciato e furto di beni culturali, è stato successivamente acquisito da altri soggetti responsabili quindi di ricettazione, ed è rimasto abbandonato presso un’abitazione veneziana, sino alla sua regolare denuncia alla Soprintendenza di Venezia, da parte dei nuovi proprietari dell’immobile.

A termine indagini, nel marzo 2024 la Procura di Venezia ha disposto il dissequestro del bene a favore dello Stato, che è stato così assegnato ai Musei archeologici nazionali di Venezia e della Laguna. Durante il corso delle attività, i Militari del Nucleo CC TPC di Venezia si sono avvalsi di esami tecnici e storico-artistici effettuati dai funzionari archeologi della Soprintendenza A.B.A.P. di Venezia e dell’Università di Padova.

Ѐ bene ricordare come la normativa vigente preveda sui beni archeologici provenienti certamente o presumibilmente dal territorio italiano una presunzione di appartenenza allo Stato. Il privato che intenda rivendicare la proprietà di reperti archeologici è tenuto a fornire la prova che gli stessi gli siano stati assegnati dallo Stato in premio per ritrovamento fortuito; o che gli siano stati ceduti sempre dallo Stato a titolo d’indennizzo, per l’occupazione d’immobili; o che siano stati in proprio, o altrui possesso, in data anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 364 del 20 giugno 1909. Inoltre, per quanto previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, le alienazioni, le convenzioni e gli atti giuridici in genere, compiuti in violazione delle previsioni in materia di tutela, proprietà e circolazione dei beni archeologici indicati nello stesso codice, sono nulli.

Il recupero di reperti archeologici facenti parte del patrimonio culturale dello Stato rappresenta una delle direttrici investigative che il Nucleo CC TPC di Venezia persegue, attraverso verifiche costanti presso gli esercizi commerciali di settore, mediante l’attenta raccolta di segnalazioni da parte di studiosi e appassionati, grazie alla collaborazione degli uffici del Ministero della Cultura. La restituzione al patrimonio pubblico di questi beni, testimonianze materiali aventi valore di civiltà, riporta alla fruizione collettiva oggetti che narrano la storia di territori e di comunità. 

 

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[Fonte: Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Venezia].

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