La lezione (di senso civico) degli archeologi. L’esperienza di Armando Taliano Grasso

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È da poco giunto in libreria l’ultimo testo del prof. Armando Taliano Grasso – archeologo, docente di Topografia Antica all’Università della Calabria -, Le necropoli brettie nel territorio di Crimisa. Documenti dall’archivio Palopoli, un nuovo arrivo per la collana Traes. Studi e ricerche sulle antichità calabresi di Ferrari Editore.

Il libro raccoglie i risultati della ricerca condotta dal Prof. Taliano Grasso, impegnato da anni nell’indagine su un popolo – i Bretti o Bruzi – che giocò un ruolo importante, quanto poco conosciuto, per molti aspetti misterioso, nelle vicende storiche della Magna Grecia. Non solo Crotone o Sibari (e le città che poi sorsero sulle sue rovine, ma anche molti altri centri). E fu coinvolto anche nel conflitto tra Roma e Cartagine.

Ma il Prof. Taliano Grasso non è solo uno studioso, un archeologo che ama la sua terra. È un esempio. Come sottolinea un documento dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, Nucleo di Cosenza, che, tra l’altro, parla di “fondamentale contributo” dell’archeologo e dei suoi collaboratori in diverse indagini che hanno consentito di “recuperare circa ventimila oggetti di interesse archeologico”. Chi conosce il lavoro del Prof. Taliano Grasso sa che, per ottenere il recupero e la restituzione dei tesori saccheggiati, ha fatto e sta continuando a fare anche di più di quanto quel documento dice (per ovvie ragioni).

Armando Taliano Grasso è tra quegli archeologi che amano profondamente il proprio Paese e la sua storia, difendendoli. E ce ne sono, da non dimenticare. Furono due archeologi di grandi doti scientifiche e raro acume investigativo, Daniela Rizzo e Maurizio Pellegrini a lavorare, con il compianto sostituto procuratore della repubblica di Roma Paolo Giorgio Ferri, alle indagini su una rete di trafficanti internazionali di reperti archeologici, che aveva riempito sale e depositi del Metropolitan, del Getty, di tesori di folgorante bellezza e valore inestimabile. Il lavoro di Daniela Rizzo e Maurizio Pellegrini, consentì alla caparbietà e all’acume di Paolo Giorgio Ferri di costruire pezzo dopo pezzo l’inchiesta, di fare i processi e permise ai Carabinieri di rintracciare i trafficanti, e portare sul banco degli imputati quelli che amavano farsi chiamare mercanti d’arte, ma che erano solo ladri di storia.

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