Sigilli al “Cimitero delle 366 Fosse” di Napoli. Una vecchia storia
Eseguito nella mattinata di martedì 11 febbraio il sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Napoli
La notizia è fresca, ma la storia è vecchia. Da illo tempore tra le arcate perimetrali della corte esterna del Cimitero di Santa Maria del Popolo, più comunemente conosciuto come “Cimitero delle 366 Fosse”, sono stati ricavati dei loculi abusivi per “moltiplicare oltre il consentito gli spazi interni per ricavarne l’utilità economica conseguente alla vendita e messa a disposizione”. Lo scrive Federica Girardi, giudice per le indagini preliminari, nel decreto di motivazione del sequestro firmato lo scorso 7 febbraio; ma ne scriveva già Paolo Giordano nel 2006 in Il disegno dell’architettura funebre: Napoli Poggio Reale, il Cimitero delle 366 Fosse e il Sepolcreto dei Colerici. E ancora prima la vicenda era stata documentata nel fitto carteggio tra la Soprintendenza ABAP, l’Arciconfraternita di Santa Maria del Popolo, la Curia Arcivescovile di Napoli e il Comune di Napoli: le numerose e gravi alterazioni erano già state apportate e segnalate tra il 1998 e il 2002.
Il Cimitero, di proprietà dell’Arciconfraternita di Santa Maria del Popolo degli Incurabili oggi commissariata, è stato realizzato tra il 1762 e il 1763 dall’architetto Ferdinando Fuga su incarico del re Ferdinando IV di Borbone per accogliere le sepolture dei defunti meno abbienti ai piedi della collina di Poggioreale, oltre le mura della città. Il Complesso di rilevante pregio e interesse storico e architettonico ha attraversato periodi di abbandono. Il perdurare del degrado generale e la carenza di manutenzione hanno spianato la strada all’illegalità e agli interventi abusivi, realizzati in fasi e tempi diversi: l’atrio, l’ipogeo, le arcate perimetrali della corte esterna e le ancheggiature dei prospetti dei corpi di fabbrica, dove sono state ricavate circa trecento nicchie, sono state le porzioni più colpite. Il progressivo danneggiamento ha così compromesso l’identità e le caratteristiche architettoniche del Monumento. Il decreto ha interessato “tutti i loculi abusivamente realizzati nelle arcate perimetrali della corte esterna” e “tutti i residui spazi ancora liberi”; resta invece “inalterata la possibilità di visita e di espletamento delle pratiche religiose e devozionali per i familiari e cari dei defunti i cui resti si trovano nei loculi oggetto di ablazione”.

“Il procedimento – scrive la gip – si colloca nell’ambito di una più ampia attività di ricognizione dei beni immobili di rilievo storico, artistico ed architettonico presenti sul territorio e oggetto di condotte pregiudizievoli per l’integrità e la conservazione degli stessi posta in essere dalla Procura di Napoli, attraverso il gruppo di lavoro intersezionale per la tutela dei beni culturali”.
L’ipotesi di reato, formulata contro ignoti ai danni del bene dichiarato di interesse pubblico nel 1962, è di deterioramento o distruzione di beni culturali, ai sensi dell’art. 518 duodecies del codice penale. La pena prevista è dai due ai cinque anni di reclusione.
[La foto di copertina è di OpenHouse Napoli].
Dopo la laurea a Trento in Scienze dei Beni Culturali, in ambito storico-artistico, ho “deragliato” conseguendo a Milano un Perfezionamento in Scenari internazionali della criminalità organizzata, un Master in Analisi, Prevenzione e Contrasto della criminalità organizzata e della corruzione a Pisa e un Perfezionamento in Arte e diritto di nuovo a Milano. Ho frequentato un Master in scrittura creativa alla Scuola Holden di Torino. Colleziono e recensisco libri, organizzo scampagnate e viaggi a caccia di bellezza e incuria.