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Crollo delle mura dell’antica città di Telesia a San Salvatore Telesino (BN)

(Tempo di lettura: 10 minuti)

Nella notte del 1° marzo 2025, una consistente porzione delle antiche mura di Telesia nel cuore del comune di San Salvatore Telesino, nel Sannio beneventano, è crollata. Un evento tragico, ma forse non inatteso, che squarcia il velo di oblio e disinteresse che avvolge troppi beni culturali italiani, trasformandoli in silenziosi testimoni di una colpevole negligenza.

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Questo crollo non è una semplice fatalità, un incidente isolato. È il sintomo di un malessere più profondo che affligge la gestione del nostro patrimonio storico e artistico, soffocato da una burocrazia elefantiaca, da una visione miope che privilegia gli interventi spettacolari a discapito della manutenzione ordinaria, e soprattutto, da un diffuso disinteresse, che trasforma i tesori del passato in ingombranti fardelli.

Telesia, da sempre crocevia di civiltà, è un vero e proprio scrigno di tesori, un palinsesto di storie sovrapposte che attendono ancora di essere decifrate. Il centro dell’antica città sannita prima e romana poi, delimitato dalla sua poderosa cinta muraria in opus incertum o quasi reticulatum di epoca tardo-repubblicana, che si estende per circa 2.5 km, visibile quasi integralmente lungo tutto il suo perimetro e il cui spessore oscilla tra 1,70-1,90 m, scandita da 42 torri (alcune a pianta esagonale, altre a pianta circolare) e da cinque porte di accesso, è un’area con “potenzialità 10”, come evidenziato nella Valutazione delle Potenzialità Archeologiche del comune di San Salvatore Telesino, redatta nel dicembre 2020 dalla prof.ssa Giuseppina Renda, consulente per il settore archeologico e docente presso l’Università degli Studi della Campania “L. Vanvitelli”. Questo significa che l’area è considerata di massima importanza archeologica, un luogo dove la presenza di resti antichi è certa e comprovata.

Non solo, l’intera area è sottoposta a vincolo archeologico diretto e indiretto, un sigillo di tutela che, sulla carta, dovrebbe proteggerla da qualsiasi intervento che possa comprometterne l’integrità.

La  monumentalità  della  cinta  muraria,  unica  nella  sua  strutturazione  planimetrica  nel panorama  delle  fortificazioni  del  mondo  romano[1], ha indotto a disegnare una fascia di rispetto di 200 metri, tenuto conto dell’altezza dei resti della fortificazione e della presenza di altri resti archeologici. Questa fascia, oltre a garantire l’integrità della fortificazione, dovrebbe tutelarne la visibilità in rapporto al paesaggio circostante, in linea con il Codice dei Beni Culturali[2].

Eppure, nonostante i vincoli, le tutele e le potenzialità, le mura di Telesia sono crollate, vittime di un degrado lento e inesorabile, alimentato dall’incuria e dalla mancanza di manutenzione. Un paradosso che grida vendetta, un’offesa alla storia e alla cultura del nostro Paese.

Quanti altri crolli dovremo registrare prima di vedere un cambiamento di mentalità, una vera inversione di rotta nella gestione e nella tutela del nostro immenso patrimonio? La caduta di queste “pietre antiche” solleva interrogativi ancora più amari se si considera la lunga lista di finanziamenti, progetti, studi e valutazioni: dagli anni ’60 ad oggi, una pioggia di denaro pubblico[3] si è riversata sull’area archeologica, con l’obiettivo di scavare, restaurare, valorizzare e mettere in sicurezza il sito, almeno sulla carta, ma che, evidentemente, non sono stati sufficienti a prevenire il disastro. Se ne elencano qui solo alcuni:

  • Anni ’60 – ’70: prime campagne di scavo nell’area archeologica di Telesia, finanziate dal Ministero della Pubblica Istruzione e da istituzioni accademiche italiane.
  • Anni ’80 – ’90: interventi di restauro della cinta muraria romana e scavi di ampliamento, finanziati dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali.
  • 1997: progetto esecutivo per la valorizzazione e recupero archeologico dell’antica Telesia, finanziato dalla Regione Campania.
  • 2001: Decreto Dirigenziale n. 148/2001 della Regione Campania, con interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico, includendo Telesia.
  • 2002: inserimento dell’area archeologica di Telesia nelle Linee Guida per la Pianificazione Territoriale Regionale della Regione Campania.
  • 2010: inaugurazione del Museo Civico di Telesia (“Telesia Antiquarium“), con il patrocinio del Ministero per i Beni Culturali e la Soprintendenza Archeologica.
  • 2011: integrazione dell’area archeologica di Telesia nel Piano Urbanistico Comunale (PUC) di Benevento, con progetti di recupero e restauro.
  • Dal 2017 al 2019: progetto “Valorizzazione dell’area archeologica di Telesia“. Importo finanziato: 1.000.000 di euro dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) 2007-2013.
  • 2021: intervento per la messa in sicurezza dell’area archeologica di Telesia, previsto nel Programma Triennale dei Lavori Pubblici 2021-2023 del Ministero della Cultura. Importo finanziato: 100.000 euro
  • 2022: progetto “La città romana di Telesia: interventi di manutenzione e restauro“, incluso nel Piano Triennale dei Lavori Pubblici 2022-2024. Importo finanziato: 300.000 euro
  • 2024: progetto per il restauro della cinta muraria romana di Telesia, finanziato nel Programma Triennale dei Lavori Pubblici 2024-2026 del Ministero della Cultura. Importo finanziato: 500.000 euro.
  • 2024: progetto “Valorizzazione dell’area archeologica di Telesia“. Importo finanziato: 1.000.000 di euro dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) 2007-2013.

Ma dove sono finiti tutti questi soldi? O meglio, per cosa sono stati utilizzati? Come è possibile che, nonostante i finanziamenti, le mura di Telesia siano crollate?

La risposta è semplice: la manutenzione preventiva, quell’insieme di interventi ordinari fondamentali per garantire la sopravvivenza dei beni culturali nel tempo, è stata colpevolmente trascurata. Una disattenzione che si traduce in un progressivo degrado delle strutture, in infiltrazioni d’acqua che minano la stabilità delle murature, nella crescita incontrollata della vegetazione infestante che ne accelera il deterioramento. Si sono privilegiati invece quelli straordinari, costosi e spesso poco efficaci, a discapito della cura ordinaria, del monitoraggio costante, del minimo intervento. Si è preferito curare i sintomi anziché le cause della malattia, con il risultato che il paziente alla fine è morto.

Mura della città romana di Telesia, San Salvatore Telesino (BN), dopo il crollo

L’ordinanza comunale del 26 giugno 2024, emessa per tutelare la pubblica e privata incolumità, interdiceva l’area a rischio crollo a monte e a valle della cinta muraria romana in località San Felice. La decisione venne presa a seguito di una nota del 14 giugno della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Benevento e Caserta, che segnalava un grave dissesto. Il sopralluogo dei Vigili del Fuoco aveva confermato che un fronte di circa 35 metri lineari dell’opera muraria presentava chiari segni di cedimento strutturale (lesioni passanti) e che alcuni tratti risultavano pericolosamente inclinati verso il sottostante fondo agricolo, adibito a vigneto (il cui proprietario, residente a Guardia Sanframondi, è già noto all’Amministrazione e alla Soprintendenza per attività non autorizzate di scavo, danneggiamento e movimentazione di terreno). Pertanto, al momento del crollo, l’area risultava transennata e dotata di ponteggi, in attesa di accertamenti approfonditi da parte di tecnici specializzati e di eventuali interventi urgenti per consolidare le parti pericolanti. È possibile che le intense piogge dei giorni precedenti abbiano accentuato l’instabilità del terreno e solo per una fortuita coincidenza, al momento del cedimento, non erano presenti gli addetti ai lavori.

A quanto pare, ci siamo completamente dimenticati del prezioso lavoro della Commissione Franceschini e le fondamentali riflessioni di Giovanni Urbani che con il suo Piano pilota per la conservazione programmata dei beni culturali in Umbria (1976), introdusse una visione d’avanguardia che partiva dalla concezione degli edifici come oggetti complessi e in relazione con l’ambiente. Tale visione richiedeva e richiede un evidente cambio di prospettiva che presuppone di pensare alla manutenzione come ad una serie programmata di interventi pianificati e attivati a partire da un rilevamento generale dei fattori di rischio.

La Valutazione delle Potenzialità Archeologiche del Comune di San Salvatore Telesino, nell’ambito dell’aggiornamento del Piano Urbanistico Comunale, è un punto di partenza importante, uno strumento prezioso per pianificare interventi mirati e per garantire una tutela efficace del sito. Ma tutto dipenderà dalla volontà politica di attuarla, dalla capacità di integrare le esigenze di tutela con quelle di sviluppo, e soprattutto, dalla partecipazione attiva dei cittadini.

La situazione attuale non è molto incoraggiante. Troppo spesso, infatti, alla mancanza di cura da parte delle istituzioni, si aggiunge il disinteresse della comunità locale, che non percepisce il patrimonio culturale come un bene proprio, da proteggere e valorizzare. Si assiste, così, a una sorta di cortocircuito tra le responsabilità pubbliche e la sensibilità collettiva, che favorisce l’abbandono e il degrado. Non si tratta solo di fondi insufficienti, ma di una visione miope e ad una mancanza di consapevolezza del valore storico e culturale dei siti archeologici.

Quante volte assistiamo a costruzioni abusive, a interventi edilizi non autorizzati che deturpano il paesaggio e compromettono l’integrità dei beni culturali? Quante volte i piani urbanistici comunali, pur prevedendo misure di tutela, vengono disattesi o interpretati in modo distorto? Il rispetto delle regole, la pianificazione territoriale, la vigilanza sul territorio sono elementi imprescindibili per la tutela del patrimonio culturale, ma troppo spesso vengono sacrificati sull’altare di interessi privati o di una ottusa visione dello sviluppo economico, dalla costruzione di fabbricati industriali a ridosso del centro abitato e dell’area archeologica, a pratiche agricole non rispettose dei vincoli e delle normative esistenti.

L’indignazione che serpeggia sui social media dopo il crollo delle mura di Telesia, con commenti che oscillano tra tristezza e rabbia, si scontra con una dura realtà: la rassegnazione e l’abitudine al degrado. Come amaramente constatato da molti cittadini, il problema non è tanto l’evento in sé, quanto la sua capacità di scuotere una comunità anestetizzata dall’incuria e dal rimbalzo di responsabilità tra enti. E, purtroppo, non è la prima volta che accade: piccoli crolli, abbandono di rifiuti in aree tutelate, incuria diffusa sono diventati la norma, senza suscitare particolari reazioni.

Il vero interrogativo è cosa debba succedere per trasformare questa indignazione virtuale in azione concreta, per farci perdere la pazienza e difendere non solo un “muro di pietra”, ma i diritti e i servizi essenziali che definiscono la nostra qualità di vita. Il crollo, allora, non è solo la perdita di un bene culturale, ma il sintomo di una perdita ancora più grave: la capacità di indignarsi prima che sia troppo tardi, e di agire per il bene comune con costanza e determinazione.

Il crollo delle mura deve essere uno schiaffo in faccia, una scossa che risvegli le coscienze e spinga all’azione. Servono strategie (prevenzione e cura) rispetto alle tattiche (restauro come soluzione di tutti problemi); riflessione (indagare, scegliere, decidere) rispetto al fare (intervento, modificazione); l’immateriale (l’organizzazione, la gestione, l’appropriatezza d’uso) al materiale (le tecniche più aggiornate, i prodotti “risolutivi”); il perseguimento dell’efficacia a lungo termine piuttosto che la ricerca della pura efficienza e del beneficio immediato”[4].

È tempo di invertire la rotta, di promuovere una cultura del rispetto e della valorizzazione del patrimonio culturale, di educare le nuove generazioni alla conoscenza della storia locale, di coinvolgere le scuole e le imprese del territorio in progetti di tutela e valorizzazione, di pretendere che le istituzioni facciano il loro dovere. Ed è fondamentale supportare le associazioni locali che, con impegno volontario e costante, si adoperano per promuovere un senso di comunità e per diffondere la consapevolezza che il patrimonio culturale è un bene condiviso, un’eredità preziosa da proteggere e trasmettere ai posteri.

Ma oggi, presa ogni precauzione possibile, l’unica cosa che si può fare è attendere le mosse degli Enti territoriali competenti e chiedersi lecitamente quale sarà il destino dei resti delle mura crollate. Chi si assumerà la responsabilità di quanto accaduto? Chi si farà carico dei costi per la messa in sicurezza dell’area, per il restauro dei manufatti recuperabili e, si spera, per la ricostruzione di quanto perduto? L’articolo 9 della Costituzione ci ricorda che “La Repubblica (…) tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”, un monito che troppo spesso viene dimenticato, ma che dovrebbe guidare ogni nostra azione in difesa della bellezza e della storia del nostro Paese.

Note

[1] Tale sistema difensivo era stato descritto, per la prima volta dallo scienziato greco di III a.C. Filone di Bisanzio, nella sezione del suo “Trattato di Meccanica”, dedicato alla “Poliorcetica”.

[2] Valutazione delle potenzialità archeologiche – Relazione Scientifica – Piano Urbanistico Comunale, Comune di San Salvatore Telesino (BN), Gruppo di lavoro urbanistico A.T.P. “TEC.TER.TEL.”, prof. Ing. Ferruccio Ferrigni, Ing. Andrea Della Pietra. Collaboratori, arch. Simone De Diego. Dicembre 2020. Consulente per il settore archeologico prof.ssa Giuseppina Renda, Dipartimento di Lettere e beni culturali – Università degli Studi della Campania “L. Vanvitelli”, pagg. 136-138

[3] I costi della ‘non manutenzione’ sono molto, molto elevati e ne avevamo parlato in occasione di un altro crollo, sempre nel beneventano: https://www.journalchc.com/2021/10/11/quale-manutenzione-per-ponti-antichi-e-moderni/

[4] Musso S., La conservazione programmata come sfida per una tutela innovativa del patrimonio culturale, in Canziani A. (a cura di), Atti del Convegno “Conservare l’Architettura. Conservazione programmata del patrimonio architettonico del XX secolo”, Electa, Milano, 2009.

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