Se vis pacem, para pacem
Recensione al volume di Alfredo Morrone, “Guerra e tutela del patrimonio identitario e culturale”
Stiamo vivendo un’epoca in cui le guerre imperversano e, fatto per certi versi ancor più grave, ci riguardano e ci coinvolgono, anche se non sembriamo rendercene pienamente conto. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che siamo, in larga parte, abituati ad accettare schemi preconfezionati e ormai superati, trascurando un sano spirito critico. Secondo questa visione obsoleta, i conflitti armati sono quelli che si combattono nelle trincee, con carri armati e bombardamenti. Mi appello alle parole, sempre attuali, di Bertolt Brecht, tratte dalla poesia La guerra che verrà, in cui non esistono né vinti né vincitori, ma solo povera gente che soffre e muore da entrambe le parti.
Vinti e vincitori, dunque, accomunati da un unico e tragico destino. Prima, però, di essere coinvolti in questa dicotomia, le popolazioni sui diversi fronti, inserite in una più ampia comunità umana, sono portatrici di una specifica peculiarità culturale, legata a un’identità che la guerra rischia di compromettere, seppur con effetti diversi a seconda delle dinamiche belliche, spesso caratterizzate da una perversa asimmetria. Popolazioni che, loro malgrado, si trovano a subire le decisioni politiche di governi autoritari, se non dittatoriali, la cui legittimazione si basa su ideologie estreme, talvolta persino criminali. Basti pensare al cosiddetto Stato Islamico (Califfato), di matrice terroristica, nato per contrastare l’intervento statunitense in Iraq nel 2004 e autoproclamatosi entità transnazionale con la pretesa di unificare un territorio, la cosiddetta “Grande Siria”, comprendente aree giordane, israeliane, libanesi, palestinesi, siriane e turche.
Tra le numerose atrocità commesse da questa organizzazione vi è stata la deliberata distruzione, nel luglio 2014, della moschea di Giona a Mosul, un luogo di culto che per secoli è stato meta di pellegrinaggi e convegni ecumenici, simbolo della coesistenza pacifica tra le tre grandi religioni monoteistiche: Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Proprio per questo suo valore identitario, la moschea è stata bersaglio di un attentato dinamitardo che ha inaugurato una vera e propria escalation del terrore, attuata anche attraverso la sistematica distruzione di beni culturali, perpetrata negli anni successivi da Da’ish in Iraq e in Siria. L’obiettivo era imporre un’interpretazione estremista dell’Islam, di matrice jihadista salafita. Tra le barbarie compiute, ricordiamo purtroppo anche l’efferato omicidio dell’archeologo Khaled al-Asaad, custode di Palmira, assassinato il 18 agosto 2015.
Questa premessa introduce il tema centrale della dimensione culturale e della tutela del patrimonio, trattato nel libro del professor Alfredo Morrone, Guerra e tutela del patrimonio identitario e culturale. Il volume mette in evidenza come i conflitti armati nel mondo – attualmente 56, oltre a numerosi conflitti interni – rappresentino una minaccia costante per il patrimonio culturale, nonostante gli accordi internazionali. Oltre a questi veri e propri assalti alla cultura, prospera anche il mercato illegale di beni culturali, soprattutto reperti archeologici.

Il saggio, con fine sapienza giuridica, analizza questa crisi globale e le risposte offerte dal diritto, esaminando l’evoluzione delle normative in materia: dalla Convenzione di Ginevra del 1949 alla Convenzione dell’Aja per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato, che ha recentemente celebrato i settant’anni dalla sua presentazione, includendo i protocolli aggiuntivi. Particolare attenzione è riservata alle normative più recenti sul contrasto al traffico internazionale di beni culturali, alla luce delle raccomandazioni e convenzioni dell’UNESCO dal 1964 a oggi. Viene inoltre analizzato il ruolo dell’Unione Europea nell’enforcement culturale, con l’adozione del Regolamento n. 880 del 2019, valutandone l’impatto e le criticità applicative, anche alla luce dei rapidi cambiamenti sociali. Il libro offre una riflessione sulle prospettive future, considerando il ruolo delle nuove tecnologie digitali nel contrasto ai crimini contro il patrimonio culturale.
Ampio spazio è dedicato alle attività di tutela sul campo, con particolare riferimento all’azione dei Carabinieri del TPC (Tutela Patrimonio Culturale), che operano come forza investigativa specializzata sia a livello nazionale che internazionale. Il loro lavoro si estende anche al supporto amministrativo per il Ministero della Cultura (MiC) e alle missioni internazionali nei vari teatri operativi, in collaborazione con organizzazioni come l’ONU, nel quadro di interventi di pacificazione, stabilizzazione, diplomazia culturale e formazione delle forze di polizia estere.
È fondamentale conoscere gli strumenti giuridici e le istituzioni deputate alla tutela del patrimonio culturale che, come ricorda l’UNESCO, appartiene all’intera umanità. Superare le criticità attuali e influenzare positivamente le scelte politiche con consapevolezza è un obiettivo prioritario, rafforzando il ruolo dell’UE e adottando un approccio comparativo che consenta di individuare il modello legislativo più efficace. A tal proposito, l’autore analizza il sistema tedesco, considerato il più equilibrato nel bilanciare le esigenze degli attori pubblici e privati coinvolti.
Un saggio che meriterebbe una diffusione più ampia rispetto alla ristretta cerchia degli addetti ai lavori, poiché affronta temi complessi con un linguaggio accessibile, utile per comprendere la portata del fenomeno anche al di fuori dei confini accademici. Purtroppo, su questi argomenti si discute ancora troppo poco e, spesso, con scarsa cognizione di causa. Ancora più grave è il mancato coinvolgimento delle giovani generazioni, perché – come ci insegna la storia – non può esserci futuro senza memoria del passato.
SCHEDA LIBRO
Autore: Alfredo Morrone
Titolo: Guerra e tutela del patrimonio identitario e culturale
Editore: CEDAM
Anno edizione: 2025
Pagine: 140
Prezzo: 19,00 Euro


Columnist – Cultural Heritage Expert