“Il Canova mai visto” in mostra a Padova

Con il maestro di Possagno ricomincia anche “Mi sta a cuore”, l’iniziativa nata nel 2013 in collaborazione la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso e l’Ufficio Beni culturali della Diocesi per il restauro e la valorizzazione delle opere d’arte conservate nelle chiese locali

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Incisioni, stampe, manoscritti, lettere, monete, calchi, gessi, marmi, dipinti e foto. Riparte da questi oggetti l’attività espositiva del Museo Diocesano di Padova a cinque anni dall’ultima iniziativa dedicata alle sculture rinascimentali in terracotta. Le sale al primo e al terzo piano del Palazzo vescovile tornano dunque ad accogliere i visitatori con un progetto, che non è semplicemente l’ostensione di un marmo ritrovato di Antonio Canova (1757 – 1822), ma una riflessione attorno al patrimonio culturale e una call to action a prendersene cura. A partire proprio dalla raccolta fondi, Mi sta a cuore, promossa dalla Diocesi stessa.

Tutto ha inizio in occasione delle celebrazioni canoviane per i duecento anni dalla morte, quando Elena Catra e Vittorio Pajusco si mettono alla ricerca di ciò che è rimasto del Monumento sepolcrale della contessa e clavicembalista tedesca Ursula Margarethe Konstantia Louise Diede zum Fürstenstein nata von Callenberg (1752-1803). Collocato in un piccolo terreno a ridosso dell’abside della Chiesa degli Eremitani di Padova, il complesso era stato progettato e realizzato dall’architetto Giannantonio Selva (1751 – 1819), lo stesso del Teatro La Fenice a Venezia, e dallo scalpellino Domenico Fadiga (seconda metà XVIII sec. – post 1827), arricchito dal tocco di Canova e dai testi dell’abate ed epigrafista Stefano Antonio Morcelli e di Johann Wolfgang von Goethe. Per cento quarant’anni gli elementi che lo componevano erano rimasti al loro posto: un timpano, una lastra marmorea commemorativa con lettere in bronzo, una base scolpita con gli stemmi delle famiglie Callenberg e Diede, sette piedistalli con fiamma in pietra dolomia e marmo, per delimitarne lo spazio ed evocare l’“ardere per onore delle ceneri”, e su una colonna al centro era adagiato il vaso cinerario di Canova (1803 – 1807), con il profilo della nobildonna defunta, in marmo di Carrara. Accanto all’urna era stato piantato, proprio da Canova e Selva, un cipresso.

Benché conosciuto, ammirato, riprodotto in fotografie storiche e incisioni, ricordato in pubblicazioni canoviane e guide otto-novecentesche, anche il Monumento Callenberg – scrive Catra nel catalogo – “fu travolto, come molte delle sculture di Canova, dalla sfortuna e dall’oblio”. Il complesso molto probabilmente non fu mai oggetto di manutenzione né di restauro: esposto alle intemperie, trovata la compagnia di incuria, erbacce e abbandono, divenne il bersaglio di sassaiole e profanazioni. “[…] la pietà dei morti dura fin che c’è chi la paga” (Vittorio Malamani, 1911). Nel 1937 ignoti vandalizzano vaso e candelabri. E poi arriva la Seconda Guerra Mondiale. Alle ore 11 dell’11 marzo 1944 le bombe sganciate dagli aerei Alleati centrano la chiesa: sbriciolato l’edificio, persi gli affreschi di Andrea Mantegna che decoravano la Cappella Ovetari, danneggiato il monumento funebre. Un solo superstite: il cipresso.

Nel dopoguerra lo spazio del complesso Callenberg diventa cantiere e deposito di pietre per la ricostruzione della chiesa. Gli elementi sopravvissuti prendono tre direzioni: dismessi, ricollocati in città ad abbellire l’Abbazia di Santa Giustina, dimenticati nei depositi della Soprintendenza patavina. L’urna è portata al sicuro nella sagrestia degli Eremitani, il timpano, il basamento con gli stemmi e il cipresso restano nel piccolo terreno a futura memoria, all’appello tuttora mancano tre candelabri, forse dispersi o forse distrutti nel bombardamento. L’oblio e l’erronea credenza che tutto sia andato perso fanno calare il sipario, solo una inventariazione dei beni storico-artistici della Diocesi, diversi decenni più tardi, riporta l’attenzione sul vaso con il profilo della contessa tedesca.

Per la prima volta dal 1944, il Monumento di Louise von Callenberg ritrova oggi, almeno fino al prossimo 8 giugno, la sua postura originale nel Salone dei Vescovi. L’installazione di marmi ottocenteschi è integrata da elementi contemporanei in cui spicca lucente Il cipresso (2025) metallico di Valeria Carmignan. Quello vero, ormai plurisecolare, è ancora a vegliare accanto all’abside della Chiesa degli Eremitani: malconcio, “bisognoso di cure” – come si legge in un comunicato del Comune di Padova – ma c’è.

La mostra Il Canova mai visto. Opere del Seminario vescovile di Padova e della Chiesa degli Eremitani, oltre a riscoprire storia e opere dimenticate, e a radunare al primo piano doni e collezioni, ha il pregio di interrogare studiosi e cittadini sul come di questi destini sfortunati e sul perché nemmeno il maestro di Possagno sia stato tutelato.

Il Canova mai visto. Opere del Seminario vescovile di Padova e della Chiesa degli Eremitani in mostra fino all’8 giugno 2025 presso il Museo Diocesano di Padova, Piazza del Duomo 12. Apertura al pubblico: lunedì ore 13:30-18:00, martedì-domenica (e festivi, Pasqua esclusa) ore 10:00-13:00 e 13.30-18.00.

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